Geordie è un ragazzetto dalle idee chiare. Con i piedi è capace di far già magie e l’occasione della vita ce l’ha a diciassette anni. È metà settembre quando assaggia per la prima volta la squadra dalla mitica casacca rossa, quella dei guerrieri dell’Old Trafford, i campioni del Manchester United. Lui che da tutti è considerato più che una promessa, un fottuto genio del pallone, dà prova della sua bravura, suda, scalcia, dà il meglio di sè. Eppure quella frase a fine partita –“Devi. Ancora. Crescere.” – pronunciata da Matt, quello che da due anni si può considerare il suo secondo padre, non gli lascia scampo e lo riporta tra le riserve. Ma Geordie ha le spalle quadrate, e il dicembre successivo, quando le vacanze di natale lo restituiscono finalmente all’armonia familiare e sopratutto agli sguardi rosso Borgogna dell’amata Claire – la ragazzina figlia del droghiere – un inaspettato telegramma pone il ragazzo dinnanzi al crocevia del suo destino. Il Manchester vuole vendicare l’inaspettata e inusitata sconfitta per 6 a 1 contro il Burnley convocando a sorpresa proprio lui, il diciassettenne George Geordie Best… Er Melanzana a Torvajanica è il macellaio del quartiere. Ha messo su ‘na bottega talmente fornita che “[…] a dije solo macelleria facevi ‘n peccato a gesucristo. Eravamo ‘na boticche…”. In quegli anni chi c’è stato non può non ricordare che certe volte venivano pure i giocatori della Roma. Zigoni, Bob Vieri, Amarildo. Un giorno perfino Garrincha s’è visto, con la moglie Elza Soare. S’era trasferito a Torvajanica proprio trascinato dalla moglie. Per via della bottiglia. Ché beveva come una spugna e poi andava in crisi di depressione. Quando Er Melanzana scopre che il campione abita a due passi dalla bottega sua, sapendo che per racimolare due soldi Garrincha non si fa certo scrupoli, decide di proporgli una partita tra macellai e gelatai del quartiere…
Questi sono solo due assaggi delle trentadue storie raccontate – o meglio sforbiciate – dal giovane autore civitavecchiese Fabrizio Gabrielli, capace di regalarci nelle scarse duecento pagine del libro un mood romantico, nostalgico, malinconico, persino magico e surreale. Sono piccole e quasi tutte datate storie di calcio e calciatori che fungono in realtà solo da pretesto per raccontare vicende di più ampio respiro. Storie in cui è la vita di ognuno di noi la vera protagonista. Storie di campioni che furono, epici gesti e gesta che non troveremo mai negli almanacchi del calcio – come il tenerissimo George Best innamorato, ventiquattr’ore prima che il destino lo consegni all’olimpo del calcio mondiale – o negli archivi delle memorie pallonare. E poco importa se siano stralci di vita vera o soltanto verosimile. Un libro nato dalla costola della seguitissima rubrica “Le uniche sforbiciate de lunedì” che Gabrielli teneva sul sito “Scrittori precari” a cui la casa editrice di Prato Piano B ha giustamente concesso ospitalità. Gabrielli diluisce una narrazione che sa scivolare dall’ironico al drammatico senza mai concedere alla lingua facili scivoloni nel linguaggio giornalistico-televisivo, conservando viceversa sempre una propria solida e riconoscibile connotazione e identità narrativa. Per chi del calcio non vuol consumare le sole gesta atletiche del prato verde ma vuole scavare oltre, per chi del campione preferisce saggiare l’umanità prima che il look, Sforbiciate è un must. Menzione speciale, oltre al racconto di Davide Enia e alla bellissima copertina di Cosimo Lorenzo Pancini, va alle splendide tavole originali dell’artista argentino Maximiliano Chimuris, che chiudono in bellezza il volume.

Raffaello Ferrante

 

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