“Non possiamo fingere di non sapere tutto questo. Non siamo struzzi, né possiamo pensare che se ci rifiutiamo di guardare ciò che non vogliamo vedere, allora una certa cosa non esisterà. Soprattutto quando questa cosa che non vogliamo vedere è proprio quello che vogliamo mangiare”. Questa considerazione chiude una lunga descrizione che Lev Tolstoj compie dopo una visita al mattatoio di Tula. Parliamo del 1891, eppure le immagini tremende che accompagnano l’esperienza dello scrittore russo sono tristemente ed incredibilmente attuali. Non ultima quella del bue che, per tutto il tempo che trascorre tra lo stordimento e l’essere abbattuto definitivamente, non perde mai coscienza ed anzi scalcia, agita le zampe, è sconvolto dalle convulsioni che cessano solo quando l’animale è appeso alla carrucola, come crocifisso. O come quella del maiale in un’aia di contadini che sta per essere ucciso ed emette un urlo simile al gridare di un uomo. Tolstoj osserva la scena a bordo di un carro di passaggio e annota: “Io sono miope e non riuscii a vedere tutti i particolari. Notai solo un corpo roseo, come quello di un uomo, e udii grida disperate”…

Ne Il primo gradino ‒ pubblicato per la prima volta nel 1892 tagliato in molte parti dalla censura e ripubblicato integralmente come prefazione a The Ethics of Diet di Howard Williams, e nel quale vi è anche la descrizione del mattatoio di Tula ‒ sono illustrate le ragioni della scelta vegetariana di Tolstoj, che sono essenzialmente etiche. “La prima tappa della vita morale”, scrive, “ è la temperanza, così come la prima tappa della temperanza è la sobrietà nel cibo. Cosa voglio dire? Che gli uomini, per diventare buoni, devono smettere di mangiare carne? Affatto. Io voglio solo dire che… se l’uomo cerca seriamente e sinceramente di progredire verso il bene, la prima cosa di cui si priverà sarà l’alimentazione di origine animale, perché il suo uso è immorale, perché comporta un’azione contraria alla morale ‒ l’assassinio ‒ causato solo da ingordigia e gola”. Il vegetarismo, dunque come primo passo verso una “buona vita” in cui macellazione, caccia, guerre e sopraffazione dell’uomo sull’uomo sono strettamente legate fra loro ed anzi le prime causa delle seconde (“Finché esisteranno i macelli, esisteranno sempre dei campi di battaglia”). Un Tolstoj attualissimo, che si esprime anche sulla crudeltà della vivisezione; che fonda le basi di una educazione alla non violenza; che ci parla di compassione e di vita sobria e non schiava della gola e delle mode. Una raccolta di estratti dall’enorme produzione dello scrittore e filosofo russo che costituisce un testo fondamentale, chiaro e ricco di spunti di ricerca e riflessione. Insieme agli scritti tolstojani compare anche il breve e sconvolgente racconto Il sangue di Michail P. Arcibašev, mai pubblicato in Italia e indicato da Tolstoj come racconto ideale per “convertire la gente al vegetarismo”.

Raffaella Galluzzi

 

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