Nell’immenso palcoscenico della vita esistono copioni di tragedie che non prevedono molti personaggi: esistono vicende centrate unicamente su una sola e irripetibile esistenza. Tutte le vicende si dipanano come il lancio bellicoso e doloroso di tegole che si abbattono su di lui, mentre l’unico guerriero conduce la sua guerra in assoluta e inconsolabile solitudine. Nessuno può confortarlo: nessuno gli si accosta, non c’è donna che possa con la sua presenza stemperare la cupezza del suo immodificabile destino. Non c’è nessuno che osi avvicinarsi a lui, così perdutamente rapito dalla sua titanica lotta. Lui combatte, lotta e soffre. Senza sosta e sempre da solo. Nessuno gli parla, quindi nessuno gli risponde. Nessun comprimario, nessun avversario e nessun alleato. Neanche una città precisa, che faccia da sfondo alle sue vicissitudini, bensì Basilea, Nizza, Sorrento sono i paesaggi urbani che si prestano ad essere le arene casuali dove il lottatore è costretto a sguainare il suo coraggio…
Scritto settant’anni fa, questo saggio di Stefan Zweig è uno dei tre scritti che compongono La lotta col demone, insieme a quelli dedicati a Kleist e a Hölderlin. Tutte le biografie rischiano di rimanere incompiute sul piano del giudizio e nel caso di Nietzsche è inevitabile chiamare in causa la sua stessa filosofia. Eppure, queste pagine di Zweig sembrano davvero sfiorare, con picchi stilistici liricheggianti la mirabile impresa dell’esaustività, facendo addirittura invidia a Jaspers e allo stesso Heidegger, che pur si avventurarono con esiti altissimi nel tentativo di sondare quel Big Bang di nome Nietzsche, evitando accuratamente una lettura rigidamente somaticista del malessere del padre di Così parlò Zarathustra. Il dolore rimane un mistero insondabile i cui segni esteriori non sono che indizi di una realtà inafferrabile, mentre una lacrima può solcare il viso del lettore alla fine di questo viaggio biografico. Come quella che rigava il viso di Sossio Giametta, uno dei più grandi traduttori di Nietzsche, quando leggeva i suoi prodigiosi aforismi.
Francesco Clemente
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