Piano B edizioni è uno di quei piccoli editori, per dirla con le parole di Gianfranco Franchi (che per loro firma L’arte del piano B) che come le cantine artigianali va sostenuta, perchè “pubblica poco ma bene…cose che rimangono nel tempo, non soltanto cose che che nascono per essere lette e consumate in una manciata di settimane, al massimo nel giro di due mesi.” e ha “la sensibilità e l’intelligenza di recuperare libri importanti del passato non soltanto in coincidenza con un anniversario di nascita o di morte di un artista ma in assoluto, in generale”.

Rimando alla lettura del loro catalogo, per verificare le affermazioni di cui sopra, perchè in questo post voglio piuttosto parlare proprio dell’Arte del piano B di Franchi, una delle godibilissime ‘chicche’ del suddetto catalogo, appunto.

Ma che cos’è un “piano b”? Proverbialmente, è un piano “alternativo” da tirare fuori quando quello principale, quello in cui avevi investito tutto, forse, per un motivo o per l’altro non può più essere applicato. Mi viene in mente una frase di If di Kipling:

 if you can…
watch the things you gave your life to, broken/
And stoop and build ‘em up with worn-out tools.

Perchè a volte il piano A – tanto per fare un esempio – non può essere più applicato perchè quello che avevi intorno quando iniziavi a metterlo in pratica, è crollato (o sta crollando); e non è uno scenario difficile da immaginare, nel nostro Paese. Oppure il piano A crolla perchè ti accorgi che ti chiede il sacrificio di qualcosa a cui non è giusto tu rinunci.

Ad esempio, parlando della generazione intorno alla trentina (la mia, quella di Franchi) non è scontato che

“si debba accettare come inevitabile l’idea di vivere in una città in cui, per spostarci da un quartiere all’altro, distante magari otto o dieci chilometri, serva un’ora e mezza, ricerca del parcheggio inclusa. Non dobbiamo accettare come inevitabile l’idea di dover respirare aria sporca e inquinata soprattutto durante certe ore del giorno…Non dobbiamo accettare come inevitabile l’idea che i nostri ragazzi debbano essere per prima cosa sfruttati e umiliati fino all’osso, nel corso delle loro prime tre, cinque, dieci esperienze di lavoro…che qualsiasi servizio richieda, in certe città, una fatica straordinaria; non è normale passare ore in fila”.

E si potrebbe continuare, perchè in fondo è vero che ormai moltissimi di noi si sono abituati a pensare di non riuscire forse mai ad avere a una vita ‘normale’ (una vita, per riprendere gli esempi di Franchi, in cui faticare ha un senso, porta a un risultato equo, e – professionalmente – una remunerazione degna di questo nome).

Quindi, quando il piano A – il sogno, ad esempio, di poter mantenersi con il lavoro che, in base ai tuoi studi, saresti qualificato a svolgere – fallisce (o decidi TU di farlo fallire) c’è la necessità di un piano B. A cui pensare magari dopo l’incontro con un tuo vecchio professore che ti incita a rimettere in moto le mani, a creare qualcosa invece di continuare a schiantarti sotto la croce di una città oppressiva.

E così ricominci a sognare, magari proprio un sogno antico di tuo nonno. Che, guarda un po’, ti consente – oltre che lavorare tu – di dare lavoro anche a qualcun altro.

Quello che ho citato è solo una parte, però, di questo piacevolissimo saggio, che a ogni lettore suggerisce quello di cui si ha bisogno a seconda delle diverse circostanze di vita. Perchè anche chi continua a vivere nel mondo metropolitano può essere “un uomo del piano B”.

Iniziando a capire cosa significa avere una “vera professionalità”, ad esempio, come si effettua una corretta ‘manutenzione’ dei contatti, come evitare i disfattisti e addirittura come arredare casa seguendo la filosofia di Zadoorian nel suo Second Hand, il cui protagonista è “un magnifico, semplice e creativo robivecchi…che vuole offrire a tutti gli avventori del suo negozio l’esperienza dell’iniziazione…attraverso gli oggetti”.Perchè di quanti oggetti abbiamo veramente bisogno, nella vita, potremmo chiederci, come fa Franchi, citando un altro testo, 100 thing challenge (La sfida delle 100 cose) di Dave Bruno, che a sua volta ci insegna che “la vita deve fondarsi su una nuova aritmetica, caratterizzata dalla massima sottrazione e dalla minima addizione. Nelle nostre case devono esserci molte meno cose: perchè non abbiamo bisogno di più di cento cose”, appunto.

Insomma, l’arte del piano B è “uno stato mentale” in cui sono maestri i gatti e di cui sono assolutamente incapaci i cani, scrive l’autore in due appositi imperdibili capitoli; è l’arte di coltivare strategie di rinascita, salvezza, svolta, conversione, essendo in sostanza sempre padroni delle proprie scelte, accettando le proprie responsabilità e diventando reali artefici del proprio destino, professionale e sentimentale che sia.

Sara Regimenti

 

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