“Toscani maledetti”, stare al mondo con leggerezza e disincanto

Da Dante a Savonarola, da Boccaccio a Palazzeschi, da Papini (rilanciato da Borges) a Piovene, passando per Malaparte e Montanelli, da distinzione geografica la toscanità si trasfigura in una condizione dello spirito, un modo di attraversare la vita. La prima cosa che viene alla mente sono le zingarate di “Amici miei” (di Mario Monicelli) : una password originale stando al  mondo sospesi fra leggerezza e disincanto, i piaceri della vita e il senso del dovere, le idee per cui vale la pena (basti ricordare gli anarchici) battersi e l’ironia che rende meno amare le sconfitte. Anche questo informa la “toscanità” rendendola, e non da oggi,una dimensione sfaccettata e intrigante, una filosofia di vita poiché “Se è cosa difficile essere italiano, difficilissima cosa è l’esser toscano” (Malaparte).
A rafforzare questo archetipo, ecco 21 racconti di scrittori emergenti racchiusi in “Toscani maledetti”,  di AA. VV., Piano B Edizioni (Prato) pp. 184, € 14 , bella cover di Maurizio Ceccato, a cura di Raoul Bruni, che inaugura la nuova collana di narrativa “Avantiveloce”. Il plot narrativo viaggia fra Firenze, ovvio e poi Livorno, Pisa, Lucca, dalla Maremma alla Versilia (“un forte rapporto col territorio”, chiosa Bruni). A illuminare il non toscano, noialtri volgari italianuzzi attaccati alle nostre scogliere come polpi e ai resti del passato come caccole, Guido Piovene che nell’ormai classico “Viaggio in Italia” (degli anni Sessanta, riproposto da Dalai nel 1993), riferito al paesaggio, annotava: “La bellezza toscana è una bellezza di rigore, di perfezione, a volte di ascetismo, sotto l’aspetto della grazia”. “Sobrietà anticelebrativa… Visione antiretorica della natura umana”, calibrava il poeta Mario Luzi.

Filtrata ontologicamente, questa premessa dal paesaggio si riverbera in una prosa che si manifesta con una “lingua cauterizzata al massimo, ridotta la grado zero”, retta dai chiaroscuri e i sottintesi, essenziale sia nella psicologia dei personaggi, che del contesto in cui si muovono (il contadino Maurizio del Ponente non specifica l’albero su cui sale seguito dalla nuova moglie Vilma Brancacci vedova Pellegrini con una porta sulle spalle).

C’è tutta la Toscana in questa preziosa antologia di autori nati nell’altro secolo (dal 1969 e 1986), e che erano già sbarcati nella narrativa del nuovo millennio pubblicati da editori nazionali (Feltrinelli, Fazi, Mondadori, Guanda, Laterza, ecc.). Quella operaia di Simona Baldanzi (“La luna e l’acciaio”) che riprende un  fatto accaduto nell’acciaieria di Piombino il 20 luglio 2009 (sei operai intossicati). Il gruppo di operai che ha visto la morte vicina ragiona sul vicolo cieco in cui si sono cacciate le relazioni industriali e sul valore della vita di chi appartiene alla classe operaia, che si vuole estinta. La lucidità analitica fa invidia ai corsivisti che ogni mattina affollano, come gramigna malefica, le pagine dei giornali: “”Ti hanno mai difeso i tuoi? Bertinotti e quel finocchio pugliese e quell’altro che faceva il ministro…”. Il Barba, Nedo, Peppone, Ciro: uniti da un’appartenenza, una socialità rude che trascolora in una umanità sintonizzata su un patrimonio di valori che tracciano un’identità. “Un boato. Uno scoppio. Il fumo nero, più nero della notte. Circo corre”. Alla tv “nessuno parla della  fabbrica dell’acciaio”.  Meno male, così Silvia può dormire tranquilla…

Poi c’è la Toscana arcaica, delle radici, della memoria che impregna le leggende, Bellissima quella ripresa da Sasha Naspini nel delizioso “Marito mio” dove un vecchio contadino, per non morire solo, si mette con una vedova pentendosene amaramente. Solo che la sua leggerezza alla fine porterà la ricchezza e potranno lasciare quel paese che se non esistesse non se ne accorgerebbe nessuno. Maurizio del Potente avrà anche, dopo tanto “vino robusto”, alla fine, la sua lapide al cimitero, per cui ha tanto spasimato… “Si è proprio fortunati ad avere un tetto sulla testa… Non ti regala niente nessuno. Uno deve farsi i calli spessi per una miseria…”.

E quella di oggi, con le sue dinamiche sociali e interpersonali, nello struggente “Nenna”, di Ilaria Mavilla. Una moglie accudisce il marito costretto sulla sedia a rotelle. “Migliorerà di giorno in giorno dicono i medici”. “Voglio andare dove non mi conosce nessuno… Penso di essere vecchia, sola, incazzata”. Originali e tosti anche gli altri racconti (non tutti sono inediti): di Diego Bertelli, Cosimo Calamini, Silvia Dai Prà, Francesco D’Isa, Fabio Genovesi, Simone Ghelli, Ilaria Giannini, Pietro Grossi, Emiliano Gucci, Gregorio Magini, Francesca Matteoni, Valerio Nardoni, Flavia Piccinni, Alessandro Raveggi, Luca Ricci, Marco Rovelli, Vanni Santoni, Marco Simonelli (“Se suonavano i watussi scendevi sempre in pista”, Sapore di mare).

Francesco Greco

 

http://www.giornaledipuglia.com/2013/06/toscani-maledetti-stare-al-mondo-con.html