Quando mi è stato regalato questo libro di cui vi sto per parlare, il primo pensiero è stato: “Leggerò le prime due pagine e non riuscirò ad andare avanti. Certo l’autore è Jack London, ma la boxe non mi ha mai interessato”. Così facendo ho sottovalutato quello che una penna capace può fare e cioè trasformare qualsiasi accadimento nel più avvincente dei racconti.
Jack London è stato oltre che un celebre romanziere, anche cronista sportivo e in Storie di pugni mescola i due mestieri, dando vita a piccole perle letterarie. I personaggi delle storie sono pieni di vita e lottano sempre per qualcos’altro oltre che per vincere un incontro: il messicano per la rivoluzione, Tom King per ridare alla sua famiglia un’esistenza dignitosa, Joe Fleming per la sua donna. Tutti salgono sul ring con una storia alle spalle e il lettore rimane incollato alle pagine a tifare, come fosse lì davanti. La maestria dello scrittore americano sta proprio nel riuscire a trasmettere la frenesia di un incontro di pugilato. Sembra di essere in mezzo alla folla urlante, di sentire l’odore del sudore, il rumore delle corde che vibrano e quello dei guantoni che si scontrano. Non ho mai assistito a un incontro di boxe, ma se qualcuno ora mi chiedesse se ho mai visto dal vivo due pugili scontrarsi, d’istinto, risponderei di sì. Il libro contiene anche l’inedito “Il match del secolo”.
Questa gara tra uomini con guantoni imbottiti non è qualcosa di superficiale, una moda del momento o di una generazione. È qualcosa di profondo come la nostra coscienza ed è radicato in ogni fibra del nostro essere. È cresciuto come è cresciuta la nostra lingua. È un’istruttiva passione di razza. È il richiamo della scimmia e della tigre dentro di noi, credetemi. Questo istinto è chiuso in noi come un uomo in carcere. Non possiamo scinderlo da noi. Ci piacciono le sfide: è la nostra natura.

Roberto Russo

 

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