«La mia vanità di scrittrice è prevalentemente snobistica. A chi mi recensisce offro un’ampia porzione di pelle, ma ben poca carne e sangue». Virginia Woolf, proprio lei, versione 1936, in un intervento preparato per il Memoir club di Londra. Circolo per gente molto snob di cui la scrittrice si prende gioco sul filo di una brillante ironia che non risparmia nemmeno se stessa: «L’essenza dello snobismo è il desiderio di fare colpo sugli altri». «Sono una snob?». E’ così che si apre una piccola raccolta di saggi che la casa editrice pratese, Piano B ha pubblicato per la collana «Elementi». Un’antologia di otto articoli che affrontano argomenti apparentemente lontani come il legame tra la vita e la scrittura, i vagabondaggi a piedi per le vie di Londra, la malattia del corpo e quella della mente, la guerra o le riflessioni che partono dall’osservazione di una macchia sul muro. Una raccolta di scritti che svelano, a settant’anni esatti dalla sua morte, nelle acque del fiume Ouse, quasi un altro volto dell’autrice di «Orlando», meno sofferente, pur sapendo cogliere sempre la profondità delle cose.
Anche una passeggiata lungo le strade della città può diventare una metafora, l’occasione per lasciare il personaggio che ci siamo costruiti e curiosare dentro le esistenze altrui: «Ci era stato concesso di penetrare un po’ in ognuna di queste vite, abbastanza da lasciarci l’illusione che non siamo incatenati in una mente sola, ma che possiamo assumere brevemente, per qualche minuto le menti degli altri». Il passo della Woolf dedicato a questa Londra invernale dopo il tramonto quando si accendono le luci dentro le case, appare per la prima volta su «Yale Review» nell’ottobre del 1927 e poi, postumo, nel 1942. Si conclude col ritorno a casa della scrittrice dopo la passeggiata: «Ecco la nostra porta: ecco la sedia come l’abbiamo lasciata e il vaso di porcellana e la macchia marrone sul tappeto. Ed ecco l’unico bottino che abbiamo potuto riportare fra tutti i tesori della città, una semplice matita».
Più cupo il saggio «Sulla malattia» pubblicato nel 1926 sul «New Criterion» così come pervaso di ansie è l’articolo del 1940 «Pensieri di pace durante un bombardamento aereo» in cui Virginia Woolf sottolinea con il ronzio degli apparecchi tedeschi e inglesi sulla testa come le donne siano state disarmate dalle scelte politiche, come quel mondo parli e decida al maschile. Ma aggiunge qualche riga sotto che, se è vero che alle donne inglesi non sono state consegnate armi per combattere il nemico, né per difendersi, se è vero che «quel combattimento lassù in cielo è una battaglia tra gli inglesi che proteggono la libertà e i tedeschi che vogliono distruggere la libertà», le donne devono lottare con ogni forza dalla parte degli inglesi. Ma come? «Con la mente. Possiamo fabbricare delle idee che aiuteranno quel giovane inglese che combatte lassù in cielo a sconfiggere il nemico».

Laura Montanari

 

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