Se fosse necessaria un’ulteriore conferma della genialità di Virginia Wolf, la risposta definitiva starebbe in questo libriccino, una piccola raccolta di interventi, articoli e saggi pubblicati tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento. Proprio perché si tratta di opere minori, la capacità dell’autrice di trasformare i dettagli minuti del quotidiano in trampolini per la discussione astratta emerge in tutta la sua forza.
Sono una snob? è il saggio che dà il titolo al volume, in cui con abile retorica, affermando per tutto il tempo di esserlo lei stessa, la Wolf mostra l’essenza dello snobismo altrui e svela quanto sia vuoto, tra un tè e un ricevimento, l’interesse dei nobili per gli scribacchini. E viceversa, naturalmente, cosa ancor più faticosa da digerire, ieri come oggi.
Sebbene sia difficile identificarsi in un mondo in cui si danno ricevimenti per mostrare la fioritura dei tulipani in giardino, come in tutti i grandi classici si finisce per riconoscersi in comportamenti senza tempo, per lo più disdicevoli. La mondanità è messa a nudo in tutta la sua meschinità e solitudine. E l’acida riflessione sulla frustrazione dello scrittore che si emoziona, sì, di fronte al primo croco, ma deve poi decidere come commuoversi a seconda del committente, anticipa di quasi un secolo le critiche (mosse anche del direttore di questo sito in Contro il target) ai target culturali.
Ogni tanto, però, una boccata d’ossigeno. Come in A zonzo per le vie di Londra, che fa respirare il piacere della solitudine e della compagnia che dà l’anonimato, sensazioni famigliari a chiunque abbia passeggiato da solo la sera, all’accendersi delle luci, in una grande città.
È una critica sociale implacabile, ma anche un inno ai piccoli piaceri dell’esistenza, da centellinare sotto l’ombrellone per allontanare le chiacchiere dei vicini e l’ultimo best seller, ugualmente molesti, senza vergognarsi di essere snob.

Giulia Stok

 

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