Lev Tolstoj, profeta della verità
La domanda retorica sull’interesse verso una ennesima biografia di Tolstoj può essere elusa assai facilmente già solo sfogliando l’indice del lavoro dello storico Roberto Coaloa che, come suggerito dal titolo Lev Tolstoj. Il coraggio della verità, si propone di investigare aspetti miracolosamente, verrebbe da dire, ancora poco indagati dalla critica, quantomeno quella italiana. Se infatti all’inizio, almeno in Italia, la ricezione dell’opera dello scrittore di Jasnaja Poljana fu incentrata soprattutto sul suo aspetto profetico, antimilitarista e riformatore, tale aspetto è andato sempre più defilandosi, anche a causa della mole di un’opera letteraria che ha pochi eguali nella storia della letteratura.
Il libro di Coaloa non è una classica biografia, ma piuttosto un intreccio di temi fondamentali nella vita di Tolstoj che, nel suo insieme, riesce a far affiorare quell’itinerario spirituale e morale di crescita e autoconsapevolezza che ha portato lo scrittore russo alla celebre «conversione» da soldato a pacifista. La sua lettura quindi, pur tenendosi sempre in dialogo con la sua opera letteraria, sembra interessarsi a Tolstoj più come storico del pensiero che come scrittore, inserendolo in una grande tradizione di pensatori che si sono posti interrogativi urgenti e sempre attuali sullo statuto della verità, del coraggio, del giusto, del vero e del bello, arrovellandosi sull’intricato modo in cui si può essere nello stesso tempo artisti e profeti. Da questo punto di vista non è possibile ignorare uno dei testi più importanti di Tolstoj, Che cos’è l’arte?: «La destinazione dell’arte del nostro tempo è di tradurre dalla sfera della ragione alla sfera del sentimento la verità. […] Il compito dell’arte cristiana è la realizzazione dell’unione fraterna degli uomini».
«Amo la verità più di ogni cosa al mondo» ha scritto Tolstoj, e tutta la sua opera tende a questo nodo filosofico: se è vero che in punto di morte, estremamente fedele al suo pensiero che «lo scopo della vita è il perfezionamento di sé», Tolstoj ha detto «La verità… io amo tanto… come loro». Loro sono gli ultimi, la gente del popolo, i semplici, quelli che secondo Tolstoj conoscono la verità meglio dei dotti, non perché siano depositari di chissà quale afflato divino, ma perché riescono a guardare al mondo con occhi lucidi e non annebbiati dalla teoria. Si tratta di una «verità-giustizia» che trascende la realtà, che affonda nelle tinte bibliche, e non a caso conserva in russo una parola distinta dalla veritàtout-court, istina; proprio questa declinazione della parola traccia il filo rosso su cui cammina Coaloa, che con la sua opera fa emergere come tutta la vita di Tolstoj sia stata un titanico tentativo di rispondere alle riflessioni sulla morale, l’arte, la religione e l’educazione.
Altrettanto appassionante, a tale riguardo, l’edizione dei Pensieri per ogni giorno, pubblicata da Piano B, tradotta e curata da Pier Cesare Bori. Si tratta di una raccolta di pensieri e citazioni che Tolstoj estrae da quei testi che hanno funzionato per lui da modelli attraverso i quali creare quella visione del mondo etica e religiosa che è sfociata nel convinto pacifismo, nella difesa delle minoranze e nel vegetarianesimo, tutti aspetti indagati da Coaloa. I riferimenti di Tolstoj sono molti e variegati, dalla tradizione confuciana e taoista al Nuovo Testamento, dai testi della tradizione giudaica a Epitteto o Marco Aurelio, fino ad arrivare a moderni come Ruskin o Pascal, senza escludere sue annotazioni personali. Tale diversità rientra proprio in un’ottica di superamento delle differenze, nella convinzione che esistano affermazioni filosofico-religiose cui è impossibile non credere, perché «scritte nel cuore di ognuno».
Questa tensione speculativa rischia però di trascinare Tolstoj in un’era che non gli appartiene, a interrogazioni originarie che si avvicinano alle disquisizione filosofiche medievali. Invece il suo carattere è assolutamente moderno, e questi libri riescono a chiarirlo con forza, sia per la mole importante di documenti consultati, sia per la veduta dall’alto che, evitando inutili specialismi, costruisce un disegno definito e, per certi versi, anche definitivo. Tolstoj fu un grande innovatore, un anticipatore visionario di temi che oggi sono all’ordine del giorno, come il vegetarianesimo, il rispetto della natura (i Pensieri per ogni giorno annotano da Lao-tse: «Tutto al mondo cresce, fiorisce e ritorna alla sua radice. Tornare alla propria radice significa pace, accordo con la natura »), la violenza sugli animali (su questi temi il recente volume di Anna Maria Ortese a cura di Angela Borghesi, Le piccole persone, è un altro esempio di visionarietà speculativa e anticipo sui tempi), ma anche la condanna del consumismo e della caccia (questi temi ecologici sono trattati nel Primo gradino, testo che Coaloa analizza con dovizia di particolari).
Di grande interesse, infine, il carteggio tra Tolstoj e Gandhi: Coaloa lo tratta a lungo, riportanto anche tre lettere del primo e quattro del secondo, dalle quali risulta evidente la decisione, la fermezza e la lucidità con cui Tolstoj denuncia il fenomeno dell’oppressione coloniale, simbolo della tirannia degli stati e della cecità morale della società, indagata pure nel testo Guerra e rivoluzione (anch’esso curato da Roberto Coaloa lo scorso anno per Feltrinelli).
In esergo, alla biografia di Coaloa, una frase dalle Operette morali leopardiane, in particolare dalDialogo di Plotino e di Porfirio che discute della legittimità del suicidio, e sembra racchiudere già tanta parte della sua lettura: «Sì bene attendiamo a tenerci compagnia l’un l’altro; e andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente; per compiere nel miglior modo questa fatica della vita». Il gesto del darsi mano e soccorso attraversa di continuo l’opera di Tolstoj: anche nel dare alla letteratura un carattere soprattutto formativo. Perché, come annota Bori nella sua presentazione ai Pensieri per ogni giorno, «le opere dei grandi scrittori sono grandi soltanto perché sono necessarie e perché è auspicabile che il maggior numero di persone possibile godano di quel bene spirituale che quegli stessi scrittori comunicano. E affinché un pubblico il più possibile vasto goda di questo beneficio occorre rendere questi scrittori quanto mai accessibili, e perciò si deve cercare di rendere pienamente chiaro quello che in essi non è del tutto comprensibile».
Matteo Moca