Un dimenticato, questo è Henry David Thoreau tra i filosofi e nei luoghi in cui i filosofi dovrebero lavorare, i dipartimenti di filosofia. Una sorta di clandestino tra la lettertura americana ottocentesca e la poetica wilderness e le cui tesi sono sostanzialmente cadute nel dimenticatoio.
Ma chi era Henry David Thoreau?
Thoreau è stato un filosofo, scrittore e poeta statunitense che nato in una famiglia modesta, si laureò all’Università di Harvard nel 1837. Intrattenne profonde amicizie con pensatori trascendentalisti, corrente della quale però lui non fece mai parte.
Thoreau è fondamentalmente un dimenticato perchè non ha il profilo di un accademico, una vita sopra le righe fatta di pochissima università, molta natura, lavori di ogni tipo, delusioni d’amore, galera e malattia.
Uno riformismo il suo che partiva dall’individuo, prima che dalla collettività, e difendeva uno stile di vita in profondo contatto con la natura che per Thoureau non è un semplice strumento per il raggiungimento di conoscenze ideali di ordine superiore, bensì oggetto ultimo della pratica filosofica, fonte di benessere e soluzione esistenziale.
Il motivo per cui ho scelto di fare il filosofo e, quando filosofo più o meno lo ero diventato, è stato anche il motivo per cui ho cercato di fare un certo tipo di filosofia… questo quanto Stefano Paolucci ha dichiarato nelle prime pagine del libro «Camminare e altri passi scelti» libro edito da Piano B e nel quale lo stesso Stefano Paolucci ha curato le traduzioni delle pagine più intense del filosofo Thoreau.
Una Natura che non basta conoscere ma che bisogna anche vivere; una critica al mondo della cultura che Thoreau semplifica nella frase: «Com’è vano sedersi a scrivere se non ti sei prima alzato a vivere!». Un valore ecologico che sarebbe vano se non avesse anche un risvolto politico; un uomo che tornando al contatto selvaggio con la natura prende una posizione di disubbidienza nei confronti delle norme e delle costrizioni che la società consolida nell’individuo.
E allora, che fare? «Camminare», mettersi in cammino osservando da dove si viene per capire dove si vuole andare.
Senza terra o fissa dimora, non dimorare in nessun posto in particolare ma sentirsi ugualmente a casa dappertutto, questo il segreto del vagabondare con successo.
La categoria dei camminatori, una categoria antica e onorevole, una sorta di quarto potere al di fuori della Chiesa, dello Stato e del Popolo.
Quando camminiamo ci viene naturale dirigerci verso i campi e i boschi, ma ovviamente è inutile dirigersi verso i boschi se non sono i nostri passi a condurci lì… «Mi allarmo quando mi succede di accorgermi di aver camminato per un miglio in un bosco solamente con il corpo, senza essere presente con lo spirito. Nella mia passeggiata pomeridiana vorrei dimenticare tutte le mie occupazioni del mattino e i miei obblighi verso la società. Ma a volte non mi riesce scrollarmi di dosso il villaggio. Il pensiero di qualche lavoro s’insinua nella mia testa, e io non mi trovo più dove sta il mio corpo, sono fuori di me, come privo di sensi. Quello che desidero quando cammino è ritornare in me, riacquistare i sensi. Che senso ha restare nel bosco, se sto pensando a qualcosa che sta fuori dal bosco?».
Alcune persone non camminano per niente, altre camminano solo lungo le strade, poche camminano attraverso i campi e Thoreau percorre soprattutto quest’ultima strada perchè non ha fretta di arrivare; il paesaggio non appartiene a nessuno e il camminatore gode di massima libertà.
Ma allora, cos’è che rende così difficile decidere in quale direzione incamminarsi? La Natura è percorsa da un sottile magnetismo che ci guiderà sulla giusta strada, se inconsciamente ci affidiamo ad essa.
E quando si è in cammino c’è sempre una direzione che si predilige. Un ago della bussola che a Thoreau si assesta sempre tra ovest e sud-ovest, il futuro si estende là, in quella direzione. Ad est andiamo a comprendere la storia, ad ovest andiamo come verso il futuro.
Un ovest che è solo un altro nome per ciò che è selvaggio e la conservazione del mondo dipende dalla salvaguardia della Natura Selvaggia, tutte le cose buone sono libere e selvagge.
Una urlante, selvaggia Madre di tutti noi, la Natura, distesa in ogni dove e tuttavia quanto precocemente veniamo svezzati dal suo seno per essere consegnati alla società, lì la civiltà è destinata a raggiungere in fretta i suoi limiti.

«Non vi è nulla di così salutare e di così poetico, come una camminata nei boschi e nei campi, persino oggi che non incontro nessuno in giro per puro piacere. Nulla mi ispira tanto e suscita in me pensieri così sereni e proficui. Gli oggetti elevano lo spirito. In strada e in società sono quasi invariabilmente volgare e dissoluto, la mia vita è indicibilmente meschina» tratto dal Diario 7 gennaio 1857.

Elsa Sciancalepore

 

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