Johann Wolfgang Goethe
Meditazioni sulla Natura
Qui Goethe appare nella sua veste meno conosciuta di scienziato, a cui sono state attribuite fondamentali scoperte scientifiche sulla natura foliare, sulla teoria della derivazione delle ossa e sull’anatomia comparata. Queste meditazioni estrapolate dai suoi scritti scientifici – oltre a testimoniare alcuni punti chiave del suo pensiero – esulano dal tempo offrendo spunti di riflessione su questioni quanto mai attuali: medicina olistica, studi botanici sull’intelligenza delle piante e sul mistero del seme, dibattito tra conoscenza scientifica e conoscenza teologica.
«Del più completo stato di salute possiamo aver coscienza solo in quanto sentiamo non le parti del nostro Tutto, ma soltanto il Tutto, ciò è possibile solo in quanto gli esseri sono organizzati, e possono essere organizzati e mantenuti in attività unicamente dallo stato che chiamiamo vita.»
Goethe mise in crisi i fondamenti di assolutezza del metodo scientifico secondo l’intuizione di principi ancora più universali. Le sue ricerche scientifiche frutto di cinquanta anni di studi meticolosi sulla geologia, sull’anatomia e soprattutto sulla morfologia degli animali e delle piante, hanno la peculiarità e l’originalità di proseguire di pari passo con la ricerca dei bisogni umani dell’uomo di scienza. La sua visione della natura esprime un sentire scientifico innovativo e moderno che sembra rivolgersi a coloro che coltivano un approccio diverso alla vita, alla medicina e alla scienza, che cercano un contatto e un’appartenenza alla natura, e alla quale si relazionano con rispetto e riverenza.
La scienza stessa si trova oggi a interrogarsi sul valore della conoscenza intuitiva e immaginativa per poter andare oltre il dato sensibile infinitamente scomposto e analizzato dalla metodologia riduzionista.
«Senonché questi sforzi analitici, portati continuamente innanzi, recano in sé molti svantaggi. Ciò che prima era vivo è bensì scomposto in elementi; ma da questi non si può ricomporlo né, tanto meno, ridargli vita. Perciò in tutti i tempi, gli scienziati hanno sentito il bisogno di conoscere il vivente in quanto tale, di vederne in mutuo rapporto le parti esterne visibili e tangibili, di considerarle indizi del loro interno, e per tal modo dominare l’insieme, per così dire in una visione intuitiva. Come questa aspirazione si ricolleghi all’impulso artistico e imitativo non occorre insistere.»